Una delle regole più discusse in ambito letterario è quella relativa allo show, don’t tell, di solito tradotta in italiano come mostra, non raccontare. Si tratta di uno dei fondamenti della buona narrativa ed è bene imparare a conoscerla per poterla usare in maniera corretta.
Con show, don’t tell s’intende una contrapposizione fra il dettaglio e la sintesi (o lo specifico e il generale), dove il primo è preferibile al secondo. Quando in un testo di narrativa scriviamo una scena, seguiamo un approccio che, di solito, corrisponde a una via di mezzo fra questi due estremi: scrivere nel dettaglio ogni avvenimento oppure limitarsi a riassumerlo. Sebbene la sintesi abbia un ruolo importante nella struttura di un testo, il suo abuso tiene il lettore a distanza e gli impedisce di entrare nella storia.
Lo show, don’t tell, però, non si limita a questo. Un’altra contrapposizione rientra nel suo ambito, infatti: è quella fra il concreto e l’astratto. Anche in questo caso il primo è preferibile al secondo. Facciamo adesso degli esempi. Se io scrivo che:
Maria è bella.
Sto facendo una sintesi dell’aspetto fisico di Maria e, nel contempo, sto esprimendo un concetto astratto. A cosa corrisponde “bella”? Cosa ci dice di questo personaggio, come dobbiamo immaginarlo? Se scrivo invece:
Maria ha gli occhi chiari, i capelli marroni e un fisico snello.
Ho creato una descrizione più dettagliata che si sofferma sulle caratteristiche concrete, e quindi immaginabili, del personaggio. Poiché, però, lo show, don’t tell ha lo scopo di mostrare le cose in maniera completa e nella realtà nulla è statico bensì in movimento, meglio allora una descrizione dinamica:
Maria mi fissava con i suoi occhi chiari. Con un dito arricciava le ciocche marroni, l’altra mano poggiata sul fianco snello.
Ci troviamo di fronte a una descrizione ben più complessa e dettagliata; se nel secondo esempio conosciamo l’aspetto fisico del personaggio, nel terzo possiamo immaginare alcuni elementi del suo carattere. Si tratta di due elementi (il fisico e il carattere) che non trasparivano in alcun modo da “Maria è bella”, a parte il concetto astratto di bellezza.
Immaginiamo di vedere un film. Nessuno ci dice che un dato personaggio è bello (o grasso, o vecchio, o malato); siamo noi a vederlo. Lo stesso vale anche in un romanzo. Diamo al lettore delle informazioni e aspettiamo che sia lui a ricomporle. Non diciamo che:
Roberto è grasso.
Diciamo invece che:
Roberto è l’unico a trovare stretta la porta d’ingresso. Fa fatica a camminare, ma non ho alcuna sedia da prestargli; le ha già rotte tutte.
Sarà il lettore, poi, ad associare questi elementi al concetto astratto di “grasso” e a dare un giudizio soggettivo riguardo al personaggio; il narratore, infatti, ha scritto soltanto dettagli concreti e oggettivi, i cosiddetti “fatti”.
Pensa adesso a un luogo (una spiaggia, una foresta, una piazza in festa). Se affermi soltanto che si tratta di un posto bello non trasmetti alcuna emozione al lettore; se, invece, ti soffermi sulle acque cristalline, sul fruscio del vento tra le foglie o sui colori degli addobbi, allora susciterai la reazione del lettore. Sarà lui a constatare che si tratta di un bel posto senza che tu gli abbia forzato quest’idea in testa.
Mostrare è molto più complesso di raccontare. Dato che ti soffermi sui dettagli, devi essere a conoscenza di ciò di cui parli. Pensa a un combattimento ad armi bianche, nello specifico con le spade:
I colpi si susseguirono rapidi. Il cavaliere parò ogni attacco e, appena si accorse della stanchezza dei soldati nemici, ne approfittò per ucciderne uno.
Questo è raccontato, e pure pessimo. Passiamo invece al mostrato:
Il cavaliere deviò l’affondo, a cui seguì il fendente di un altro soldato; riuscì a pararlo e a fare lo stesso con quello seguente e con quello dopo ancora. Una lama nemica cozzò contro la sua guardia; il cavaliere ruotò il polso e con l’altra mano bloccò il braccio dell’avversario per evitare che il filo della sua spada gli mozzasse le dita.
I nemici ansimavano, i loro movimenti erano impacciati. Il cavaliere effettuò due mulinelli consecutivi per poi passare a un montante che spappolò i testicoli di un soldato. L’uomo crollò nel suo stesso sangue.
Qui vediamo tutti i dettagli della lotta, fotogramma per fotogramma (di nuovo, come in un film). Per poterlo fare, però, dobbiamo sapere come si chiamano e a cosa corrispondono le varie parti della spada (il filo, la lama, la guardia) e le mosse di combattimento (il fendente, l’affondo, il montante, il mulinello). Se ignori questi dettagli, non fai delle ricerche e non studi non potrai mai usare lo show, don’t tell in modo adeguato; e, come abbiamo detto, lo show, don’t tell è un componente essenziale della scrittura.
Ci riallacciamo adesso a un articolo precedente, gli errori più comuni degli esordienti, nello specifico il paragrafo dedicato agli avverbi in -mente.
Oltre a costituire possibili ripetizioni, ad allungare e complicare il testo e a rappresentare una soluzione facile, gli avverbi in -mente raccontano invece di mostrare. Quasi sempre, infatti, si tratta di termini di sintesi e/o astratti:
Mario si lavò accuratamente.
Cosa significa? Come si è lavato Mario?
Mario passò la spugna sulle braccia, sul torso e sulle gambe, davanti e dietro, dal basso verso l’alto e viceversa. Strofinò il sapone sul viso e intorno alle orecchie e massaggiò i capelli coperti di schiuma.
Questo secondo esempio è mostrato; riusciamo a vedere Mario mentre si lava. Un altro motivo in più per evitare questi avverbi.
Prima di concludere, poniamoci una domanda: raccontare è sbagliato?
La risposta è che lo show, don’t tell non va preso alla lettera; o, meglio, non va applicato in maniera assoluta. Scrivendo il tuo romanzo incapperai in almeno una scena di transizione, una di quelle che portano da un evento principale all’altro; è necessario mostrare tutto quello che succede? Se Davide esce di casa e va al lavoro, devo mostrare tutto ciò che accade durante il tragitto? Se è importante ai fini della trama allora sì, altrimenti va bene sintetizzare. Un uso esclusivo del mostrato, infatti, rischia di annoiare il lettore, a cui interessano soltanto gli eventi legati alla trama e alle sottotrame.
Se dovessi fare una stima generica, direi che in un buon romanzo il 70% è mostrato e il 30% è raccontato; se il raccontato scende al 20% non è un problema, ma se raggiunge il 40% allora, forse, qualcosa è andato storto. Se non sei ancora abituato all’uso dello show, don’t tell il mio consiglio è quello di realizzare una prima stesura al 100% mostrata; durante la revisione avrai modo di semplificare e sintetizzare tutte le parti meno importanti della trama e correggere le percentuali.
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