Che tua sia uno scrittore in erba o già affermato, sicuro delle tue capacità o ancora incerto, ci sarà stato almeno un momento in cui hai pensato di aver commesso degli errori durante la stesura del tuo romanzo o hai avuto dubbi sull’uso di una determinata parola o struttura narrativa. Per alcuni di questi problemi avrai trovato una risposta, perché molto comuni e quindi molto discussi (come l’uso degli avverbi e il raccontato); di altri, invece, non si parla mai abbastanza.
In questo articolo mi soffermerò su alcuni degli errori da evitare per la corretta scrittura di un romanzo. Prima, però, credo sia doveroso fare una premessa: nella maggior parte dei casi non si tratta di errori a livello grammaticale, bensì stilistico. L’obiettivo di uno scrittore non è infatti soltanto quello di scrivere in un italiano corretto, ma anche quello di rendere il proprio testo chiaro, ricco e scorrevole. Lo stile è quindi uno di quegli elementi che possono trasformare un romanzo da mediocre a capolavoro.
Ripetizioni
Forse l’errore più comune nei testi degli esordienti, la ripetizione è anche fra i più semplici da commettere senza rendersene conto. Basta una semplice rilettura, però, per individuarla; anche per questo motivo, un testo che ne è pieno appare poco curato.
Sofia diede il vaso con i fiori a Laura. Laura annusò un fiore e posò il vaso sul tavolo. Laura e Sofia si sedettero intorno al tavolo e Laura diede a Sofia una tazza di tè.
Quante ripetizioni avete trovato? Analizziamole in dettaglio:
Sofia diede il vaso con i fiori a Laura. Laura annusò un fiore e posò il vaso sul tavolo. Laura e Sofia si sedettero intorno al tavolo e Laura diede a Sofia una tazza di tè.
Troppi nomi. A volte è necessario ripeterli, ma in questo caso si esagera senza motivo. Teniamo quelli nella prima frase; uniamo il secondo periodo al primo con una congiunzione (…con i fiori a Laura che annusò un fiore…); siamo impliciti all’inizio del terzo periodo (Si sedettero intorno…); manteniamo l’ultimo Laura e sostituiamo invece il nome finale (…diede all’altra una tazza…). Sarebbe forse più corretto scrivere diede all’altra ragazza, ma ho voluto evitare la rima fra ragazza e tazza.
Sofia diede il vaso con i fiori a Laura. Laura annusò un fiore e posò il vaso sul tavolo.
Qui abbiamo due soluzioni. Possiamo sottintendere (Sofia diede il vaso con i fiori a Laura. Laura ne annusò uno) oppure possiamo essere più specifici all’inizio (Sofia diede il vaso con le margherite a Laura. Laura annusò un fiore). Attenzione: di norma si passa dallo specifico al generico, non il contrario. Non possiamo scrivere Sofia diede a Laura il vaso con i fiori. Laura annusò una margherita, a meno che il mazzo di fiori sia misto e uno di questi sia la margherita annusata da Laura.
Sofia diede il vaso con i fiori a Laura. Laura annusò un fiore e posò il vaso sul tavolo.
In questo caso non possiamo sottintendere perché confonderemmo il lettore; meglio allora cercare un sinonimo. Vaso può essere sostituito con recipiente o contenitore; non è il massimo, lo ammetto, ma è meglio di una ripetizione.
Laura annusò un fiore e posò il vaso sul tavolo. Laura e Sofia si sedettero intorno al tavolo e Laura diede a Sofia una tazza di tè.
In questo caso invece è meglio tagliare. È chiaro che le due ragazze si siederanno introno al tavolo senza bisogno di specificarlo.
Sofia diede il vaso con i fiori a Laura. Laura annusò un fiore e posò il vaso sul tavolo. Laura e Sofia si sedettero intorno al tavolo e Laura diede a Sofia una tazza di tè.
Anche qui, meglio un sinonimo. Potremmo dire Laura passa a Sofia.
Ecco quindi il risultato finale:
Sofia diede il vaso con le margherite a Laura che annusò un fiore e posò il recipiente sul tavolo. Si sedettero e Laura diede all’altra una tazza di tè.
Ben più semplice e scorrevole.
Ricorda: anche parole simili (corretto, scorretto) e coniugazioni di uno stesso verbo (mangiò, mangiai, ebbi mangiato, mangiavo) valgono come ripetizioni.
Avverbi
Quando in narrativa si sconsiglia l’abuso degli avverbi ci si riferisce soprattutto a quelli che terminano in -mente. Questa desinenza, infatti, allunga la parola (appesantendo il testo) e causa ripetizioni parziali. Gli avverbi vengono inoltre considerati come una soluzione facile e banale quando non si sa bene come descrivere una scena; per questo motivo la loro abbondanza viene spesso associata al testo di un esordiente.
Non bisogna, però, evitarli senza motivo; se esistono c’è una ragione. Il mio consiglio è quello di usarli solo quando strettamente necessario. Nella maggior parte dei casi, infatti, possono essere sostituiti rendendo il testo più ricco e scorrevole. Correre è meglio di camminare velocemente; se però intendiamo una via di mezzo fra camminare e correre, possiamo usare affrettarsi o altri verbi appositi.
L’arciere lanciò rapidamente una freccia al drago, poi abilmente gli saltò sul muso. Il mostro si agitò freneticamente; fortunatamente il ragazzo cadde sull’erba e non si fece nulla.
Il brano risulta lento, pesante e noioso. Molti di questi avverbi possono essere trasformati; quando ciò non è possibile meglio eliminare:
L’arciere scagliò una freccia al drago, poi gli balzò sul muso. Il mostro si contorse; il ragazzo cadde sull’erba e non si fece nulla.
In questo caso ho eliminato soltanto fortunatamente; si tratta anche di una scelta stilistica ed è l’unico avverbio che riterrei accettabile perché non sostituibile (a meno di usare una formula alternativa come per sua fortuna), pur essendo non necessario. NB: Scrivere con rapidità invece di rapidamente risolve il problema della ripetizioni parziali, ma non la banalità della descrizione.
Gerundio
Il gerundio rientra tra gli elementi da tenere sotto controllo perché appesantisce la narrazione e può causare ridondanze. A differenza delle ripetizioni e più degli avverbi, il gerundio ha una forte rilevanza nella grammatica italiana e non va eliminato a tutti i costi; è bene però ridurlo quando possibile.
In breve, il gerundio esprime un’azione che avviene in contemporanea (se al presente) o in precedenza (se al passato) rispetto alla frase principale.
Matteo accarezza il cane guardandolo negli occhi.
Se usato con parsimonia e in modo corretto, il gerundio non rappresenta un problema. Ci sono dei casi, però, in cui il suo utilizzo è errato da un punto di vista stilistico e, a volte, grammaticale.
Il cavaliere sollevò la spada colpendo il drago.
Oppure:
Davide alzò la cornetta chiamando sua madre.
Qui l’azione non avviene in contemporanea e l’uso del gerundio è sbagliato. Le forme corrette sarebbero:
Il cavaliere sollevò la spada e colpì il drago.
E:
Davide alzò la cornetta e chiamò sua madre.
È poi da evitare l’abuso del gerundio anche quando le azioni avvengono in contemporanea.
Punteggiatura
Qui non parliamo soltanto di errore stilistico ma anche grammaticale. Un uso errato della punteggiatura è sinonimo di poca cura, frettolosità e ignoranza delle norme grammaticali. Si tratta di un errore grave. Per informazioni più esaustive rimando a un articolo precedente.
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Ripetizioni, avverbi, gerundio, punteggiatura: ce l’ho, ce l’ho, ce l’ho, manca.
Ho quasi completato il mio album degli errori. 😉
Molto interessante questo articolo, penso che lo stamperò e me lo studierò.
Grazie per tutti gli esempi.